Le agenzie per il lavoro si sono affermate nel panorama lavorativo moderno come pilastri portanti nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, capaci di interpretare i bisogni delle imprese e, contemporaneamente, di accompagnare i lavoratori nella ricerca di nuove opportunità professionali.
Tra i servizi offerti dalle agenzie per il lavoro, spicca il contratto di lavoro in somministrazione, introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo n. 276 del 2003. Si tratta di una formula contrattuale particolarmente flessibile e versatile, che, nel tempo, si è rivelata particolarmente efficace per rispondere ai cambiamenti strutturali del lavoro.
Ma come funziona esattamente? Quali sono i vantaggi per imprese e lavoratori?
Come funziona il contratto di somministrazione del lavoro
Si tratta di un contratto di lavoro a tutti gli effetti, che si distingue in particolare per la sua struttura “trilaterale”, ossia che coinvolge tre soggetti, ben distinti e interdipendenti tra loro:
- L’agenzia per il lavoro, che agisce a tutti gli effetti come somministratore del contratto. È il vero datore di lavoro, poiché assume formalmente il lavoratore e ne gestisce tutti gli aspetti amministrativi, retributivi e contributivi. Per svolgere questa funzione, l’agenzia deve essere regolarmente accreditata e iscritta all’albo istituito presso il Ministero del Lavoro;
- Un'azienda che cerca personale da assumere e che quindi si affida all’agenzia per reperirlo. In virtù di ciò, l’azienda viene detta “utilizzatrice”;
- Il lavoratore che funge da somministrato, ossia presta la propria attività presso l’utilizzatore, ma per conto dell’agenzia.
Questa architettura contrattuale tripartita prevede due accordi ben distinti:
- Da un alto, il contratto di natura commerciale stipulato tra l’agenzia per il lavoro e l’azienda utilizzatrice;
- Dall’altro il contratto di lavoro subordinato tra agenzia e lavoratore, che può essere a tempo determinato o indeterminato, e che garantisce a quest’ultimo diritti e tutele previsti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi.
La peculiarità di questa tipologia contrattuale risiede appunto nel fatto che il lavoratore viene assunto da un soggetto diverso (l’agenzia) rispetto a quello che effettivamente beneficerà della prestazione del lavoro (l’azienda).
In più, è doveroso sottolineare che il contratto di somministrazione può essere attivato per qualsiasi livello di inquadramento del lavoro subordinato (sia esso operaio, impiegato, quadro o dirigente). Questo perché i lavoratori somministrati sono tenuti a rispettare, nei confronti dell’azienda utilizzatrice, gli stessi obblighi e responsabilità previsti per il personale assunto direttamente, per garantire una piena equiparazione in termini di mansioni, doveri e disciplina operativa.
Somministrazione a tempo determinato e indeterminato: differenze e vantaggi
Il contratto di somministrazione può essere stipulato sia a tempo determinato (che ricorda molto il precedente “lavoro interinale” ora non più esistente) che a tempo indeterminato (conosciuto anche come "staff leasing"), a seconda delle esigenze dell’azienda utilizzatrice e alle modalità operative dell’agenzia per il lavoro.
Somministrazione a tempo determinato: come funziona e vantaggi per aziende e lavoratori
La somministrazione a tempo determinato richiama su molti aspetti la disciplina dei contratti a termine. Infatti viene utilizzata solitamente per far fronte a necessità contingenti (come possono essere picchi di attività o progetti dalla durata temporale limitata).
Questo tipo di contratto ha però dei limiti quantitativi ben precisi: all’interno di una singola azienda utilizzatrice, i lavoratori somministrati a tempo indeterminato non possono superare il 30% del numero dei dipendenti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno in cui il contratto viene stipulato.
In termini di durata, invece, la normativa stabilisce che il limite massimo di permanenza del lavoratore presso l’azienda utilizzatrice è di 24 mesi, anche non cumulativi. Tuttavia, il rapporto tra lavoratore e agenzia per il lavoro – che, ricordiamo, è il vero datore di lavoro – può proseguire fino a 48 mesi, nel caso in cui il lavoratore venga assegnato a missioni presso aziende differenti.
Dal punto di vista delle imprese, la somministrazione a tempo determinato viene impiegata quasi come “periodo di prova”, ossia come strumento di valutazione iniziale per testare le reali capacità e l’affidabilità dei candidati prima di un’eventuale assunzione diretta. E poi, come già accennato, questa forma contrattuale risulta particolarmente utile alle aziende per far fronte a picchi stagionali di produzione o attività, e per sostituire temporaneamente personale assente per malattia, infortunio, maternità o ferie.
Per i lavoratori, una tipologia contrattuale di questo tipo risulta altrettanto vantaggiosa: funge da “porta di ingresso” nel mondo del lavoro, ed è la soluzione ideale per conciliare l’attività professionale con altri impegni personali, formativi o familiari che siano. Non a caso la somministrazione a tempo determinato è particolarmente apprezzata da giovani e studenti, o in generale da coloro che stanno effettuando una transizione professionale.
Un ulteriore punto a favore di questa modalità contrattuale è il fatto che dà la possibilità di conoscere dall’interno una realtà aziendale prima di impegnarsi in percorsi più stabili. Non solo: questa tipologia contrattuale permette di maturare esperienze in ambiti lavorativi diversi, dando la possibilità a ciascuno di arricchire il proprio curriculum ma anche, perché no, di trovare la propria strada.
Somministrazione a tempo indeterminato: come funziona e i vantaggi per aziende e lavoratori
In contrapposizione alla somministrazione a tempo determinato, troviamo la somministrazione a tempo indeterminato, spesso detta "staff leasing". È una forma contrattuale sempre più diffusa presso quei contesti aziendali che necessitano di un’organizzazione del lavoro flessibile ma allo stesso tempo continuativa.
Come è facilmente intuibile, questa tipologia contrattuale segue la disciplina prevista per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Anche in questo caso, tuttavia, troviamo dei limiti normativi: salvo diverse disposizioni previste dai contratti collettivi nazionali, il numero di lavoratori somministrati a tempo indeterminato non può superare il 20% del totale dei dipendenti a tempo indeterminato in forza presso l’azienda utilizzatrice al 1° gennaio dell’anno in cui viene stipulato il contratto.
Questa forma contrattuale è in grado di coniugare due esigenze fondamentali di flessibilità e stabilità: da una parte soddisfa la necessità delle imprese di poter usufruire di manodopera qualificata senza che sia necessaria un’assunzione diretta; dall’altra, è in grado di garantire ai lavoratori una certa stabilità, con tutele previdenziali garantite e la possibilità di accedere a percorsi di formazione continua per ampliare e consolidare le proprie conoscenze.